Di Bolla in Bolla. Riflessioni ai confini del sistema.
In tempi normali il default di un
paese per eccesso di crescita del debito rispetto a quella del reddito avviene
per perdita di fiducia dei creditori che smettono di finanziarlo e cercano di
vendere i titoli che possiedono prima di perdere parte del capitale con la
ristrutturazione del debito stesso.
Tale ristrutturazione viene
imposta dalle istituzioni internazionali (FMI) o da paesi amici che sostituiscono
il debito verso privati, imponendo allo stesso tempo un livello più basso della
spesa in relazione alle entrate prevedibili in tempi definiti, contando in una
ripresa economica sulla base delle esportazioni nette.
In tempi normali la improvvisa
caduta dei prezzi di attività patrimoniali come immobili o azioni gonfiati da
un eccesso di fiducia nel loro continuo rialzo, si risolve nel fallimento di speculatori
temerari che si sono sovraindebitati per seguire il trend dei prezzi. Se i
rischi sono sistemici interviene la Banca Centrale che acquista titoli sul
mercato creando moneta e aspettative di inflazione dei prezzi dei beni, più
sicuri in quel frangente dei titoli.
Non viviamo in tempi normali e
siamo costretti nostro malgrado ad esplorare zone vergini e pericolose del
sistema economico.
Infatti, il coinvolgimento nelle
bolle speculative di enormi società finanziarie e degli Stati troppo grandi per
fallire ha innescato il whatever it takes delle Banche centrali che determina
una scommessa a senso unico verso l’aumento dei prezzi dei titoli obbligazionari
e la riduzione dei tassi di interesse anche in campo negativo.
La creazione di moneta viene
spesa per ulteriormente indebitarsi e per acquistare ulteriori obbligazioni che
ne aumentano il prezzo, senza che l’inflazione dei beni venga innescata a
sufficienza. Anzi gli stati si indebitano ulteriormente per sostenere la
domanda interna e vendono anch’essi sempre più titoli agli operatori famelici.
Senza inflazione dei beni, la
giostra non sembra in grado di potersi fermare e i tentativi finora di toccare
il pedale del freno e tornare a tempi normali impossibile senza creare un
disastro globale capace di far implodere il sistema e produrre povertà diffusa
per molti anni a venire.
C’è un limite o è la nuova normalità
da cui non usciremo più? O entrambe?
In mancanza di inflazione di
beni, anche la stagnazione della crescita in presenza di tassi di interesse
negativi può evitare l’esplosione del debito rispetto al reddito e quindi le
potenziali crisi di sfiducia che fanno avvitare il sistema. Ma sarà sempre
così?
Finchè il sistema “produce”
titoli obbligazionari per qualunque livello di creazione di moneta lo schema
può continuare, ma che succede come recentemente in Giappone quando i nuovi titoli
obbligazionari scarseggiano? I loro prezzi accelereranno ulteriormente e con
essi la spinta all’investimento in titoli e all’ulteriore indebitamento con l’ulteriore
rischio esemplificabile dalla differenza tra una frenata effettuata a 100 Km/h
e una a 300 km/h.
Infine, l’azzardo morale dei
politici che riterranno di potere spendere a proprio piacimento o eliminare l’imposizione
fiscale per ragioni di consenso, potendo vendere il debito alle Banche Centrali.
Una sorta di helicopter money permanente che premia soprattutto i demagoghi.
Paradossalmente il cigno nero potrebbe diventare la formica tedesca che con la
sua virtù, impedisce l’imporsi del vizio, ma così facendo blocca la giostra e
la fa venire giù.
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| inviato da
ricke il 24/11/2020 alle 13:58 | |